30 dic 2010

Parlando di Spagna questa forse non la sapevate


Parlando di Spagna questa forse non la sapevate. L’estrazione dei numeri della lotteria nazionale, che qui si estraggono a Natale e non a capodanno, vengono estratti in diretta televisiva da alcuni bambini che cantano i numeri usciti. Guardare per credere.

Come sono straniiiiii questiiii spagnoliiiiii.....




28 dic 2010

Il water di mio nonno (o del Natale)

Mio nonno viveva in una grande casa di due piani in un paese vicino Napoli. Abbiamo ancora questa casa e ogni tanto tutta la famiglia va a passare il Natale li.

Nel bagno della casa di mio nonno c’è qualcosa che fa paura: il water.
E’ rosa, e stranamente largo. Nel centro, sotto l’acqua, ci trovi un enorme buco, molto più grande del normale, come un occhio rosa che ti fissa. Insomma è inquietante.
Ma la cosa veramente straordinaria succede nel momento in cui tiri l’acqua. Per incominciare: il rumore. Profondo, tremolante, rauco. Impossibile rimanere seduti senza farci caso. Ti tocca alzarti, girarti e guardare. Il rumore lo fa l’acqua che esce, non di botto ma lentamente e inesorabile. Con una intensità crescente. Quest’acqua però, questa incerta fontana, non si porta via niente, come sarebbe normale auspicarsi, ma riempie, per alcuni interminabili secondi, il water quasi fino al bordo. E tu, davanti a questo spettacolo, ti ritrovi a contemplare tutto il tuo lavoro, tutta la tua personalità marrone, galleggiante e inquietante, che sale. Ed è in questo momento, nel quale stai quasi per chiederti “ma che cavolo succede?” che prende forma, per la tua incredulità, un vortice. All’inizio ha un movimento lento, come un corteo che incomincia a sfilare verso destra. Separando ogni pezzettino della tua personalità, ogni pezzettino di carta, che cominciano a girare in un movimento regale e maestoso. Subito dopo il vortice, dopo altri due o tre giri, si trasforma in un vero tornado. Il movimento si fa più veloce, il rumore più drammatico. E tutta l’esistenza delle tue trippe sta li, correndo, danzando, quasi gridando, sempre più veloce. Ora il tornado comincia ad affondare e quanto più affonda più si fa stretto, e più si fa stretto più si fa veloce. E più si avvicina al buco. Fino a quando, in un ultimo rutto, si ingoia tutto. E rimane solo il silenzio e il Nulla.
Ancora non ho compreso se il water di mio nonno è uno scherzo della natura o una inquietante metafora della vita (o del Natale).

Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados

27 dic 2010

El water de mi abuelo (o de la Navidad)


Mi abuelo vivía en una casa grande de dos plantas en un pueblo cerca de Napoli. Todavía tenemos esta casa y de vez en cuando vamos, toda la familia, a pasar la Navidad allí. Hay en el cuarto de baño de la casa de mi abuelo, algo espantoso: el water.
Es de color rosa, bastante ancho. En el centro, bajo el agua, se halla un enorme agujero, mucho más grande de lo normal, como un ojo, rosa, que te fija. Vamos, algo inquietante.
Pero lo verdaderamente extraordinario pasa en el momento de echar el agua. Para empezar: el ruido. Profundo, tremulante, ronco. Imposible quedarse sentado sin hacerle caso. Tienes que incorporarte, darte la vuelta y mirar. El ruido lo hace el agua que sale, no de repente sino despacio e inexorable. Con una intensidad creciente. Pero este agua, esta fuente incierta, no se lleva nada, como seria normal esperar, si no que llena, en unos segundos interminables, el water casi hasta el final. Y tú, delante de este espectáculo, ves todo tu trabajo, todo tu curro marrón, flotante y asombroso, subir. Es en este momento, en el cual casi te preguntas a ti mismo: ¿Pero qué coño pasa? que toma forma, bajo tu incredulidad, un remolino. Al principio es un movimiento lento, como un desfile que empieza a moverse hacia la derecha. Separando cada trocito de tu trabajo, cada trocito de papel, que dan vueltas en un moverse noble y majestuoso. Luego el remolino, después de dos o tres vueltas más, se trasforma en un verdadero tornado. El movimiento se hace más veloz, el ruido más dramático. Y toda la existencia de tu tripa está allí, corriendo, danzando, casi gritando, siempre más y más veloz. Ahora el tornado empieza a hundirse y cuanto más se hunde, más estrecho se hace. Y cuanto más estrecho se hace, se hace más veloz. Y más se acerca al agujero. Hasta que, en un último eructo, se traga todo. Y queda solo el silencio y la nada.
Aún no he comprendido si el water de mi abuelo es una broma de la naturaleza o un asombrosa metáfora de la vida (o de la Navidad).
Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados

21 dic 2010

En este extraño verano bajo el nórdico



Hace frío en esta noche bonita que sabe a almohada y a navidad. Hace frío fuera de la ventana mientras te enrollas conmigo con la excusa de un beso. Hace frío en esta noche oscura donde también la luna se ha ido a buscar su calor.

Y con este hielo también los ruidos de la calle suben aturdidos por las bufandas de lanas, por las manos escondidas en los bolsillos y por la gente que ya parece no tener cuello. Fuera quedan solos los tardones ¿sabes? Y las tiendas que venden regalos y las luces navideñas que se encienden.

Pero, mientras me cuentas de tu pueblo, de tu abuela, de tu primer día de escuela, de aquel tío al cual sonreíste y que te compró un helado y luego desaparació (era solo primavera, ¿verdad?), mientras tus brazos se cierran en mi pecho y te dejas llevar por mis manos... queda solo verano.

Y debajo el nórdico echamos tontos vistazos a la playa acalorada como una lagartija. Mira compañero esa señora ¿no es igual a tu abuela? Pues sí. Y allí, allí en la isla en medio del golfo, mira ¿aquella no es tu escuela? Mira como parece coloreada ahora que es verano. En este verano bajo el nórdico. En nuestro primer verano bajo el nórdico.
Y te hago el amor, con todo mi cuerpo. Y te devuelvo, en este extraño verano bajo el nórdico, cada sonrisa que el mundo no te ha devuelto .

Buenas fiestas.

Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados

15 dic 2010

Tertulia al Caffè Comercial*


*La “tertulia” è una riunione informale e periodica dove si dibatte di un tema specifico legato all’arte o alla filosofia o alla scienza o alla letteratura e dove ci si scambiano opinioni e informazioni. Si svolge sempre in una caffetteria. E’ una tipica tradizione spagnola e delle ex colonie spagnole.

Eravamo seduti a un tavolo del Caffè Comercial che a me, non so perche, mi ricorda sempre Bertolucci. Cominciò Mario immergendo un churro in una tazza di cioccolata calda.”L’esistenza” disse “non è solo assurda, è un duro lavoro, puramente e semplicemente. Pensate quante volte vi infilate la biancheria intima in tutta la vita. E’ spaventoso, è disgustoso, è stupido.” E si ficcò il churro in bocca con mucho gusto.
Per un attimo rimanemmo tutti in silenzio pensando alle mutande di Mario. Poi Aristide, che era seduto su un divanetto di cuoio, guardò Mario di mal umore e rispose: “Come espiazione mi pare già sufficiente il fatto di dover essere vivo, sabes? Non sono stati dieci, o cento o mille uomini a salvarci ma uno solo; e se è bastata una vita, una soltanto, a riconciliare in Dio quella di miliardi di creature, questo può solo significare l’enormità del dolore di vivere.”
Mario aveva la barba lunga e brizzolata: “Non sono d’accordo con te. Ieri ho bevuto tanto di quel nebbiolo che mia sorella, la più giovane, ha dovuto sparecchiare la tavola con il rastrello.”
Sandro era un tipo sul magrolino, sempre la sigaretta accesa e una birra nell’altra mano. Quando parlava il suo naso sembrava puntuto (come quello di Dante), quando rimaneva zitto prendeva la forma di una patata (come il mio). Disse: “Non so voi ma io personalmente penso che da duemila anni Gesù si vendica su di noi di non essere morto su un divano.”
Cristina era l’unica donna del gruppo. Una tipetta molto composta che soleva star seduta sempre con le gambe accavallatissime. Alcuni dicevano che questa postura era dovuta alla sua timidezza, altri che la ragione risiedeva nel fatto che messa così, le si vedevano molto meglio le tette. Aveva un bicchiere di rum in mano. “Ormai sono sicura” disse “Dio esiste. Ora si tratta solo di trovarlo e riempirlo di botte.”
“Un semplice dato, mia cara” replicò Mario: “Dio non s'è nascosto. Dio s'è suicidato.”
“Nessuno si è suicidato Mario.” Lo interruppe Aristide. “Per questo tutto è mistero. E tutto è violenza. E' stato detto "amatevi l'un l'altro", in verità si sarebbe dovuto dire "mangiatevi l'un l'altro". D'altra parte "amatevi l'un l'altro" vuol dire proprio questo. Si mangia quel che si ama.”
Mario rideva. “Eso es, eso es" ripeteva indicandolo con un churro inzuppato di cioccolata. “Adrian mi raccontò che adorava il grosso culo della sua ragazza. Mi diceva: Pensa a tutto il cibo che ha dovuto ingurgitare per farsi un culo così grosso. Slurp! Voleva affondarci i denti. Il cannibale.”
“Posso confermare: sul suo culo si poteva leggere la storia del medioevo” confermò Sandro.
Ora Aristide era veramente arrabbiato. “Continuante a pensare che a guidare la nostra condotta siano le passioni” protestò “gli istinti, le idee, mentre la forma, secondo voi, non è che un accessorio esterno, un puro e semplice ornamento....”
“Non aver paura” lo calmò Cristina, “il sangue è già disceso da molto tempo nella terra. E là dov'è stato versato, crescono adesso grappoli d'uva.”
“Nella Realtà, invece”, continuò Aristide “le cose stanno così: l’essere umano non si esprime mai in modo diretto e consono alla sua natura, ma sempre tramite una certa forma; la nostra forma, il nostro stile, il nostro modo di essere non sono mai del tutto nostri, ma ci vengono imposti dall’esterno; ed ecco perché un medesimo uomo può manifestarsi in modo stupido o intelligente, sanguinario o angelico, maturo o immaturo a seconda dello stile che gli capita e del condizionamento esercitato su di lui dagli altri.”
Mario non si lasciò impressionare. “Scommetto che questa te la sei andata a leggere dopo che qualcuno ti ha dato del coglione.”
“Ma vaffaculo Mario!” scattò Aristide, alzandosi per andarsene.
“Una cosa sola, Ary” lo fermò Mario afferrandolo per un braccio. “E ti assicuro che se lo sapessero tutti non ci sarebbero più problemi di tasse, non ci sarebbero più guerre, e tu ed io potremmo vivere nel paradiso terrestre oggi stesso.”
“Cosa?” chiese Aristide in piedi mentre si infilava il cappotto.
“Solo questo......”
“Si?”
“Che quando ce l'hai a pancia in su, gambe all'aria e sta venendo come un treno mentre ti grida: non fermartiiiii…..”
“Si?”
“Voglio che ti ricordi.....”
“Si?...”
“Quel potere”. E fece una pausa “Quel potere significa responsabilità”. E fece una pausa. “Ricordatelo”
“Senz'altro.”
“Bene”. E se ne andò.
Rimanemmo tutti in silenzio per un attimo.
“Sapete amici” disse Cristina per ravvivare la conversazione: “Ho fatto un piccolo tentativo con la marijuana. Non è pericolosa nemmeno la metà del cognac. Ed è più economica. Disgraziatamente, io preferisco il cognac.”
“Ti ricordo che in mano hai un bicchiere di rum” le fece notare Sandro.
“Ah” borbottò Cristina fissando mortificata il suo rum.
“L’incomprensibile occupa troppo spazio perché all’improbabile ne resti un pochino” concluse Mario.
Io avevo seguito ben poco della tertulia perche stavo ancora pensando alle mutande di Mario.
“ E tu, Antonino? Che pensi?” mi animò Cristina.
“Non lo so… veramente. Non lo so. Pero una volta ho letto che in un paese della Scozia vengono veduti libri con una pagina bianca sperduta in un punto qualsiasi del volume. Se un lettore s’imbatte in quella pagina allo scoccare delle tre del pomeriggio, muore.”

Il dialogo appena letto è stato interamente scritto citando frasi, battute e sputi dei seguenti autori:
CHARLES BUKOWSKI, Pulp; DAVID MAMET, Perversioni sessuali a Chicago; EUGENE IONESCO, Che inenarrabile casino!; Tiziano Sclavi, Non è successo niente; MICHAIL BULGAKOV, Il Maestro e Margherita; Witold gombrowicz, Ferdydurke; GIORGIO CAPRONI, Il muro della terra; ERICA JONG, Paura di volare; E.M. Cioran Sillogismi dell’Amarezza; HENRY MILLER, Tropico del Cancro; Julio Cortàzar, Storie di Cronopios e di Famas; Pier Vittorio Tondelli, Camere Separate; Victor Hugò, I lavoratori del mare; Truman Capote, Colazione da Tiffany

14 dic 2010

9 de febrero: Día Nacional de los Estados Vegetativos (Italia)



Después de que haya hecho un año de la muerte de Eluana Engrao, la pobre chica que se estuvo en estado vegetativo desde el 18 de enero de 1992, el Estado Italiano (que se opuso al padre, el cual pedía dejar morir en paz a su hija), ha decidido, bajo consejo de la Iglesia, estrenar el 9 de febrero como el Día Nacional de los Estados Vegetativos. “ Un día” así dice el comunicado del Ministerio de Salud, promotor de la iniciativa “ donde recordar lo guay que es la gente que está en estado vegetativo y cuanto es malo pensar de acabar con esas vidas.” (¡no es broma!)

Un día, añado yo, en el cual todos tenemos que pensar que el vegetal es bello, y tiene su gracia. Un día, a lo mejor, donde pensar también, que todos los padres, y las familias (o sea los parientes del vegetal) que quieren dar paz a sus vegetales, son anti vegetales, y ser anti vegetal, es malo, es feo, es... ufff qué asco!

Esperaremos, con el corazón encogido, el dibujito que en esas ocasiones Google siempre suele poner.



29 nov 2010

A ti que me haces una entrevista de trabajo (sentada al otro lado de la mesa)


A ti que me haces una entrevista de trabajo, sentada al otro lado de la mesa, que parece un mar, con tu jersey color azul y tu lógica color negra , así te contesto.
Antes de todo: no soy un vegetal. Lo siento pero no tienes que trasegarme ¿sabes? Plantarme, o dejarme al sol (a la mejor te lo hago yo).
No necesito una maceta. No quiero la humedad, pero tampoco el aire demasiado seco. No necesito que me riegues. Y si apesto no necesito ducharme. Y si he de hacerlo, y desmiento, lo hago por mi cuenta.
No soy un animal. No soy por ejemplo un perro. Pero tampoco un gato. No tengo la cola y ni siquiera bigote. Y si los tuviera, no me los afeitaría.
Por supuesto querida, puedes tomar apuntes... todos lo apuntes de este mundo ¡yo encantado! Como funciona este rollo ¿voy ganando puntos, medallas o calzoncillos coloreados?
Venga... ya te digo que no voy en letargo. No tengo la estación de los acoplamientos y si tengo que aparearme no uso la nariz, y no huelo los traseros de los demás (sobre de eso se podría añadir algo pero... bueno). Quiero decir que no levanto la pierna contra los árboles y si uso el término pierna, este no quiere decir que tengo una pierna, y tampoco dos: en todo caso prefiero mantener el más estrecho reservo sobre el número de mis articulaciones y en general sobre los medios de transporte que utilizo.
No tengo un código de arranque postal, lo siento, y tampoco un número de seguridad social, a la mierda. No tengo un teléfono, un prefijo, un proveedor. No tengo una melodía personalizada. No hago perepé y tampoco piripì. Y si hago poropò no quiere decir que tengo el último modelo.
Tampoco soy un pez. No tengo las agallas (eso es notorio); pero no admito que me digan de tener los pulmones (la verdad si, la mala educación no). Decimos así: no tengo un acuario y si lo tuviera no le dormiría dentro, quedate con esto, y ya está.
Por cierto no soy un reptil, o al menos no arrastro (salvo algunos casos). Sobre como me muevo no tienes un coño de prueba. ¡No soy tampoco un coño ni una polla! Y si tengo dos bolas entrepiernas es solo porque hemos ganado el mundial.
No soy un mineral, ni un fósil, ni un sedimento de caliza. Paso de la tectónica de placas, de las erupciones volcánicas y de la deriva de los continentes. Incluso fueran sin meta, yo no los sigo, pero si los siguiera estate segura que no se enterarían. No soy en todo caso un continente. No soy una montaña y tampoco una roca, pero no te aconsejo probar mi gancho derecho.
Lo admito: en mi vida (porque soy vivo ¿sabes?) he currado, corrido, cobrado. Tal vez manchado. Está mañana he dado un beso y esta noche al volver a casa espero dar otro. Tengo esta cita pendiente, que me llena el corazón de miedo y de sueños. Acaso soy un hombre. Pero no creo que usted busca hombres, con esa mesa tan ancha y esta lógica tan negra.
Entonces dejate de pollas en vinagre y cuéntame: ¿cuantos calzoncillos coloreados he ganado?

Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados




23 nov 2010

Eva cuando agarró la manzana del árbol y la ofreció a Adamo hizo cultura (el escritor Andrea Camilleri en “Vieni via con me”)



En Italia desde hace unos años están recortando los presupuestos a la cultura. Cierran teatros, bibliotecas, escuelas, cinemas, academias... ¡todo! (así que al final quedan solo tetas).
Hace unas semanas un ministro italiano comentó que con la cultura no se come... (¡con tetas ya hemos visto que si!).
Ayer el escritor de mucho éxito Andrea Camilleri contestó al muy cabrón ministro con este muy pequeño relato, dejando al actor Luca Zingaretti leerlo en el programa “Vieni via con me”

Aquí la traducción y el video.






Eva cuando agarró la manzana del árbol y la ofreció a Adamo... ¡hizo cultura!
La primera madre que destetó su hijo con unas bayas que había descubierto comestibles... ¡hizo cultura!
El primer hombre que aguzó una piedra para cazar, y por lo tanto comer.... ¡hizo cultura!
El primer hombre que incidió sobre la piedra un búfalo para comunicar que allí había que cazar, y por lo tanto que comer... ¡hizo cultura!
El primer hombre que se dio cuenta que la carne de animal era gustosa... ¡hizo cultura!
El primer hombre que hizo dos agujeros sobre un huevo de dinosaurio y se lo bebió y luego lo aconsejó a los demás... ¡hizo cultura!
El primer hombre que estregando dos ramitos ocasionó una chispa con la cual encendió un fuego, con el que cocinó la carne de los búfalos... ¡hizo cultura!
El primer hombre, que cabreado por el búfalo que le había escapado, aplastó unas olivas y se dio cuenta que habrían podido ser una buena salsa para la carne de búfalo... ¡hizo cultura!
El primer hombre que después de una indigestión de carne de búfalo avisó los demás que no hacia falta comer de ella demasiado... ¡hizo cultura!
El primer africano, el primer indoeuropeo que se intercambiaron sus diferentes comidas... ¡hicieron cultura!
Y por lo tanto se deduce que, contrariamente a quien afirma lo contrario, con la cultura se come, vaya si se come.
A veces mejor, a veces peor... ¡pero se come!

(P.D. Perdonad si desde hace unas semanas estoy escribiendo mucho en italiano, pero en Italia está pasando algo importante y yo quiero mi país... aunque lo odio.)


22 nov 2010

Perche non scoppia la rivoluzione? (E se Marx fosse un calciatore e si chiamasse Dio?)


Io ho un amico e poi ho una persona che stimo e che quando posso leggo. L’amico si chiama Alfonso e pubblica su facebook notizie sul fronte della sinistra e invoca Marx, il comunismo e anche gli scioperi e la mobilitazione dei lavoratori. La persona che stimo si chiama invece Umberto Garimberti e qualche tempo fa si è fatto questa domanda: perché non scoppia la rivoluzione?
Già, perche non scoppia?
“Io mi domando, dice Garimberti, “i giovani, che sono in una condizione spaventosa, nel 1968 per molto meno hanno fatto la rivoluzione. Solo perche si voleva andare un po’ più con le donne. Si voleva sminuire un po’ l’autorità dei professori. Perche oggi non scoppia? Perché? Perche i giovani se ne stanno quieti? Perche passano con i loro 600 euro con contratti a progetto da un posto a un altro senza futuro? Perche succede questo e non succede la rivoluzione?”
Perche nel 1969 c’era ancora una dimensione umanistica, spiega Garimberti, “un conflitto tra due volontà. Nel senso che gli interessi dell’operaio non erano gli interessi di Agnelli, e quindi ci si poteva scontrare e fare la rivoluzione tra due volontà. Quelle che Hegel indica come Servo e Signore. Oggi sia il servo che il signore sono dalla stessa parte e sopra di loro c’è quella dimensione anonima che si chiama mercato, tecnica finanziaria, investimenti.”
Caro Galimberti, come hai ragione, e come hai torto. Persone contro cui prendersela esistono, eccome se esistono. Molti di noi potrebbero farti nomi e cognomi. Ma hai anche ragione: il Mercato, è diventato molto più forte dei lavoratori e dei potenti. Il mercato è il vero padrone sia dei servi che dei signori.
Diceva Marx agli operai: “Guardate che voi non siete dei soggetti storici, voi siete co-storici, perche la storia la fanno quelli che hanno i soldi, i padroni, la fanno gli imperatori, i principi, gli eserciti, la fanno i potentati. Voi siete co-storici. Non siete soggetti storici. Dovete prendere coscienza di classe. Se voi smettete di lavorare, fate scioperi belli lunghi, morirete di fame ma costringerete la storia a includervi.” E la cosa funzionò, perche l’inclusione della classe operaia nella storia è avvenuta tramite la presa di coscienza che l’economia stava in piedi sul loro lavoro.
Oggi però il Mercato sembra non aver bisogno di lavoratori, un po’ perche il lavoro lo fanno le macchine, un po’ perche il mondo è diventato così piccolo che persone disposte a farsi sfruttare si trovano sempre. Basta spostare una fabbrica in un paese un poco più arretrato di noi e il gioco è fatto. E noi lavoratori perdiamo sempre più diritti. E il mio amico Alfonso è sempre più frustrato. Perché è vero, la rivoluzione non scoppia.
E non scoppierà fino a quando non saremo capaci di scordarci del passato. Non scoppierà fino a quando non ci dimenticheremo che siamo lavoratori (tanto non lo siamo più) e ci ricorderemo che invece siamo anche un'altra cosa: CONSUMATORI.
E già perche se il Mercato non ha più bisogno di lavoratori ha invece un gran bisogno di Consumatori. E come se ne ha bisogno!
E’ notizia di oggi l’idea venuta a un calciatore. Si, a un calciatore del Manchester United e che si chiama Eric Cantona (e che i tifosi chiamano Dio). Dio ha detto ai Francesi incazzati per le riforma delle pensioni voluta da Sarkozy e ai ragazzi inglesi che due settimane fa hanno messo a ferro e fuoco Londra: “Guardate che vi state sbagliando. Così non ottenete nulla. Volete metterli in ginocchio? Bene, andate tutti insieme a ritirare i vostri soldi dalle Banche (già le Banche che oggi come oggi sono le vere colpevoli di questa crisi), prosciugate i vostri conti bancari! E vedrete come vi ascolteranno. Magari rimarrete senza carta di credito e non potrete più comprarvi le cose su Internet ma costringerete i potenti a uscire da questa crisi non solo sulla vostra pelle.”
Porca miseria, ha ragione, ragione da vendere.
Posso proporre la stessa cosa a noi Italiani? Invece di straparlare sulla caduta di Berlusconi come pecore, perche non facciamo una cosa, una cosa molto semplice: accendiamo la televisione, andiamo al MENU OPZIONI e cancelliamo dal tasto 4 e 5 e 6, Rete4, Canale5 e Italia1. La percentuale di introiti pubblicitari del gruppo Mediaset crollerebbe in pochi giorni. E questo farebbe semplicemente vaporizzare persone come Berlusconi e tutta la sua corte. Sarebbe un terremoto cosmico e per la prima volta da molto tempo l’iniziativa non sarebbe più in mano ai Fini (e agli scemi di sinistra che gli credono) o ai Bersani ( a Bersani non gli credono manco gli scemi di sinistra a dir la verità). Certo dovremmo rinunciare a le Iene, a Gerry Scotti, ai Puffi e a un numero considerevole di belle tette, ma costringeremmo i signori che ci governano ad andarsene.
Si chiama rivoluzione. E ce ne è bisogno, tanto!



(qualcuno però avverta il mio amico Alfonso che aspetta ancora Garibaldi!)

18 nov 2010

Povero Paperino che invece....



Da alcuni giorni su Fecebook gira una iniziativa. Questa:
“Dal 15 al 22 novembre, cambiate la vostra foto profilo di Facebook con quella di un cartone animato della vostra infanzia ed invitate i vostri amici a fare lo stesso. Lo scopo del gioco? Non vedere più, fino a lunedì, una sola faccia umana su facebook ma un'invasione di ricordi”.
Nonostante che io non amo questo tipo di cose, questa volta aderisco. Metto la foto del mio personaggio preferito e pubblico la frase di cui sopra invitando gli amici a fare lo stesso. Ed effettivamente nel giro di unas horas, molti, moltissimi, cambiano la foto. Ed è un proliferare di cartoni animati. E di ricordi. Ma qui succede una cosa strana: i profili si spaccano in due. E senza ritegno. In tutti i profili sopra i 35 anni è un fiorire di Paperini, Paperine, Daffy Duck, Willy e il coiote, Braccio di Ferro, mentre in tutti i profili sotto i 35 è un abbondanza di eroi giapponesi. Accidenti a me ma molti non li conosco, riconosco qualche Konan un paio di Uomo Tigre, tre Ledy Oscar, un Jig Robot, anche un romantico Mazinga Z (che adoravo) ma per il resto mi sono del tutto sconosciuti. Sono eroi dalle facce tese, nel pieno della lotta. Occhi duri, profondi, concentratissimi.
Perbacco questa si che è una bella differenza generazionale. Questo si che è interessante. Si è vero, siamo tutti accomunati da questa crisi, dal lavoro sempre più precario, dai contratti a termine. Siamo ossessionati dal i-phon 1-2-3 e 4, sputtanati su internet, perseguitati dalla banca e inculati dai datori di lavoro, però siamo diversi. I nostri eroi, gli eroi della mia generazione, sono pasticcioni, pieni di problemi, il mondo gli si rivolta contro e loro ci si incazzano come matti, o fanno i furbi o piangono e urlano senza ritegno. Come Paperino, si mangiano per rabbia il cappello. Ma il loro mondo è pacioso. Quasi mai gli concede quello ch vogliono, così come il coiote non acciufferà mai Willy, ma la cosa va bene così, non sembra molto grave. In gioco non c’è mai l’onore. Non c’è mai la totale perdita di dignità. Nei cartoni animati giapponesi invece, la tensione è palpabile. La vita è una lotta dove l’onore, la dignità è sempre in gioco. La posta è altissima e tutto diventa (ed è), una guerra. C’è, e ci deve essere sempre, un vincente (e quindi un perdente). Deve essere così, perche in gioco, non c’è la torta di Paperina ma la morte (figurata o reale).
Paperino se subisce una umiliazione urla, e facendo così ammette clamorosamente la sua sconfitta. Vista dall’altra parte possiamo dire che da una grande soddisfazione al suo avversario. Ma forse lo fa, perche sotto sotto se la ride di tutto, compreso di se stesso. Non è che Paperino non ha dignità è che non la mette in gioco. Vive ancora in un mondo dove nessuno vuole togliertela, ecco. Gli eroi giapponesi invece prendono la vita molto più sul serio. Hanno uno scopo, una meta, e su questa non si scherza. Ragazzi non si scherza. Se qualcuno si mette contro di loro, stringono gli occhi, serrano i pungi e so cazzi amari. O loro o lui. Sono costruiti per lottare, per raggiungere i loro scopi. E guai a chi li ferma. Sono allegri, come gli altri, ovvio. E sognano, e amano e a volte perdono. Ma se perdono, si rialzano e tornano a combattere. Povero Paperino che invece si da una testata al muro e si mangia il cappello.
Ulteriore notazione: nessun Batman, nessun Supermen o Uomo Ragno. Due eccezioni: un Candy Candy di 47 anni e un Tre porcellini di 22. Uscirò con il Candy Candy per andare a fare shopping, e ho già preso appuntamento con il Tre Porcellini per domani sera….

13 nov 2010

Os deseo una paja feliz



Hace unas horas he encontrado en el blog Atlantis, de un mi amigo italiano (que siempre publica cosas interesantes) una noticia muy curiosa. Se trata de una asociación de voluntarios que ayuda los ciegos a pajearse. Pues si, lo habéis entendido bien: hacerse una paja, o sea jugar con tu rabo, o sea poner la mano como un ascensor y bajar al garaje y luego subir hasta la azotea, y esto repetido más de una vez. En definitiva: masturbarse. Porque como dice Woody Allen: "La masturbación es el sexo con alguien a quien amas" y todos tenemos derecho a hacerlo, y a dedicarnos a este hermoso deporte manual.
Hay gente a quien le gusta hacerlo por la mañana, antes de ir a trabajar; gente a quien le gusta hacerlo por la tarde (a mi me encanta alrededor de las 2...), y una vez tenía un amigo que le molaba hacerlo en el metro en forma muy discreta, por supuesto, en los domingos soleados (y por eso llevaba siempre, en los domingos soleados, pantalones con bolsillos muy hondos). Lo se puede hacer utilizando la fantasía, un recuerdo, un amigo amable que tiene unos minutos para nosotros o el vecino que cada día se pone delante de la ventana a depilarse el culo, pero todo, todo el mundo, ama y disfruta de una cosa que se llama pornazo.
Ahora no voy a explicaros que es un pornazo, pero ya queda bastante claro que un invidente nunca podrá disfrutar de este revolucionario producto. ¡Nunca hasta hoy! Porque la Asociación de voluntarios Porn for the Blind (pues si, el nombre no es muy original), ha tomado medidas y solucionado el problema.
¡Ya quitate del rostro esta sonrisita de cerdo ibérico! ¿Vale?
Que cuando los voluntarios hacen el voluntariado siempre lo hacen muy bien, y esta problemática la han tomando muy en serio. Se trata de gravar archivos audio donde se cuenta lo que pasa en el video. Sencillo pero genial. En esta pagina ya quedan muchos. Y para que la tarea vaya bien la Asociación ha añadido una pagina explicativa.
A ver, antes de todos: “Muchas gracias al ciudadano voluntario que quiere ayudarnos”, dice la pagina.
Pues, ¡yo encantado!
Luego: “Tenéis que elegir el pornazo. Aquí hay unas direcciones, que ya sabemos gusta mucho a nuestra clientela. Pero si conoces otras paginas que te gustan más, está bien ¿sabes?”.
Y esto si que me parece sabio, porque el voluntariado siempre se funda en la iniciativa del individuo. En la libera acción del ciudadano. Así se consigue una sociedad más justa. La gente se queda más relajada y tu, haciendo el bien, te ganas tu trozin de paraíso (¡no católico por supuesto!).
"Sólo tienes que utilizar el módulo de la derecha" nos explica la pagina, "cargar un clip de vista previa, y declarar: Porn for the Blind presenta [añadir nombre del sitio web]. Se trata de una clip de vista previa [añadir la duración del clip] ubicada en [añadir URL completa, incluido el "barra HTTP"]."
Parece un paraíso bastante ordenado, pues si. Además la página nos advierte que hay que tener cuidados y que solo podemos elegir entre palabras como: masculino, femenino, el pene, la vagina, los senos. O sea nada de vulgar.
Algo como: la gentil señora está ahora mirando los pantalones del gentil señor".
Y por ese camino seguir....
"El pene, masculino del señor al pensar a la vagina, por supuesto femenina, de la señora se pone túrgido. También los senos de la señora, de tamaño similar a dos melones, pero de color distinto, se ponen túrgidos.
Desabrochando los pantalones el señor, ahora mas que nunca masculino, enseña su pene a la señora que parece agradecerlo. Siguen presentaciones. Vamos a describir el pene: bueno no ¡rectifico! Ahora no... porque la señora acaba de ponerse de rodilla. Entonces: el pene, la cual descripción adelantamos por falta de tiempo y que pero sigue muy masculino, viene introducido en la boca de la señora. La señora, enchufada al grifo, aunque impedida en la locución, consigue declarar algo que podremos traducir así: soy adicta al sexo y también lo era mi madre. Ya hace falta describir la reacción del señor a estas palabras: él poniendo cara....
Disculpen, ¡acaba de entrar un bombero!
Bueno el bombero se acerca y entra en el juego.
Ya se ha quitado la divisa enseñando...
¡JODER!
La señora...
¡pero que bombero!!
La señora de antepasados discutibles,
sin darse cuenta sigue de espaldas al bombero .
El señor.
El bombero.
El señor se desenchufa y reacciona levantando las piernas a la señora.
¡El bomberoooo!!! El bombero esprinta hacias el delantero.
Toca toca toca...
!Golpe de esquina!
¡GOOOOOLLLLLLL!!!!!!!
¡Campeones, campeones del mundoooooo!!!!!
Recordáis al final añadir en plan muy serio: Porn for the Blind es una organización sin fines de lucro. Os deseamos una feliz paja.


Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados

10 nov 2010

Perche noi siamo la conseguenza di tutte le vostre parole


Siamo più di 5 milioni. Siamo in tanti. Ce ne siamo andati dall’Italia e viviamo all’estero.
Carmelo ha 33 anni, vive a Madrid da 7 anni. E’ siciliano, originario di una paesino in provincia di Siracusa. Faccia affilata, occhi profondi e miopi. Adora i libri di fantascienza. Se vai a casa sua (vive in queste grandi case non ristrutturate dell’antica Madrid, con enormi saloni, mobili vecchi, corridoi lunghissimi), trovi una camera piena di libri. Sul comodino di Carmelo hai una lampada attaccata a un timer, perche Carmelo legge tutte le sere e si addormenta, così la luce poi si spegne da sola e si risparmia sulla bolletta. Ha fatto il cameriere, il commesso, ha tentato di aprirsi un bar ma non c’è riuscito. I suoi amici gli dicono che è pessimista e lui riconosce che forse è vero. E’ arrivato con l’Erasmus, pero poi non se n’è andato. E ha dovuto lasciare l’Università per pagarsi da vivere. Furono giorni difficili, mi racconta. I miei genitori si infuriarono, mi tagliarono tutti i fondi. Quando Carmelo vuole dirti qualcosa d’importante te lo dice in spagnolo, perché gli risulta più facile. L’italiano se lo è quasi scordato. Gli chiedo da quanto non rientra in Italia. Il fatto è, mi racconta, che è difficile. Vai avanti con contratti a tempo determinato e le ferie te le pagano ma non te le danno. Poi adesso hanno anche cambiato la legge, prima il datore di lavoro aveva l’obbligo di avvertirti 15 giorni prima se non ti rinnovava il contratto, ora invece può dirtelo il giorno stesso. Tu invece se te ne vuoi andare, lo devi avvertire, lo devi avvertire, molto prima. Parla uno spagnolo perfetto, Carmelo. Quando gli dicono che non si capisce più che è Italiano, sorride. Mi confessa che ci ha lavorato tanto, che volevo essere come loro. Un giorno mi fa vedere su google le foto del suo paese. Un mare azzurro da far vergognare Dio. Mi fa vedere le foto pieno di orgoglio. Come se lo avesse disegnato lui quel posto.

Siamo 5 milioni. E siamo tanti. 5 milioni di storie. I nostri amici in Italia spesso ci vedono come persone che se la spassano. Ma la verità è che non è facile vivere all’estero. Dietro c’è sempre un no. Un no che qualcosa e qualcuno ci ha tirato fuori. E abbiamo deciso di andarcene. Forse in questo non c'è nulla di eroico, ma neanche niente di divertente.

Alberto ha 35 anni, pero dice a tutti che ne ha 33. E’ un bel ragazzo, alto, faccia da latin lover all’italiana. E’ toscano. Lavora per una multinazionale americana qui a Madrid. Conosce mezza città. E’ un tipo allegro. Sempre sorridente. Se esci con lui ti fermi ogni due minuti perche trova sempre qualcuno da salutare. Fino a 4 mesi fa era fidanzato con Ruben, ora si sono lasciati, pero si sentono e si vedono. E la settimana scorsa ha conosciuto anche il nuovo ragazzo di Ruben. Seduti a un bar della Latina un giorno mi racconta che suo padre era fascista. Fascista veramente. Fascista che lavorava per l’MSI. E’ morto 6 anni fa, mi spiega. Quando ormai stava in ospedale un giorno il padre lo chiamò e gli chiese: Alberto ti piacciono o non ti piacciono le donne? Io sapevo che dovevo dirgli di si, mi racconta Alberto. Che stava per morire, che dovevo dirgli: certo papà. Seduto davanti alla sua birra, in un antico bar della Latina, con i suoi caldi occhi toscani, Alberto mi guarda un attimo, giocherella con la tapas che c’è sul tavolo, e poi mi confessa che non ci riuscì. Che voleva dirglielo che gli piacevano le donne. Ma non ci riuscì. Così non disse nulla. Me lo racconta come qualcosa di divertente, com’è nel suo stile sempre allegro, ma continua a giocare con la tapas. E tiene gli occhi bassi.

Cristina ha 37 anni, e se ne è andata dopo aver scoperto che il concorso che aveva fatto era truccato. Sandro se ne è andato quando dopo 4 anni di stage, dove lavorava lavorava lavorava, proprio come un dipendente, all’ennesimo colloquio gli dissero: non possiamo pagarti ma ti diamo la possibilità di fare esperienza, che per un “giovane” è importante. Se ne andò perche era stufo di chiedere i soldi per l’affitto di una stanza a Roma ai suoi genitori. Aveva 35 anni (alla sua età i suoi genitori erano già sposati e avevano già messo alla luce sua fratello).

Non siamo come i nostri nonni che emigrarono per fame. Noi da magiare, probabilmente ce lo avremmo avuto. Leggiamo i giornali. Ci guardiamo su youtube, o via satellite, quello che succede giù da voi. Quello che combinate. E non ci arrabbiamo come voi a casa. Tutto quello schiamazzo, quelle parole al vento, quel modo di vedere normali cose che non lo sono, non ci offende come offende voi. Perche noi siamo la conseguenza di tutte le vostre parole, di tutti i vostri preconcetti. Di tutto il vostro non vedere. Noi siamo i nomi e i cognomi di quella che voi chiamate (a volte) “la questione morale”. E anche se magari ora stiamo bene, e anche se siamo felici, noi saremo sempre quelli che hanno dovuto reimparare come si dice (e non è un fatto di grammatica): butto la pasta, ho un diavolo per capello, ti voglio bene, non mi far del male.
Siamo 5 milioni di persone che non vogliono parlare la vostra logica. Dovremmo essere la vostra vergogna.

7 nov 2010

Las parejas que me gustan


Las parejas que me gustan son las que pueden tener este tipo de diálogo:

“¿Cómo estás Paz? ¿Algún problema?”
“Todo bien, Santiago. ¿Ya has cenado?”
“Pues sí. Estoy en el Hotel.”
“Muy pronto te has recogido.”
“No creas. ¿A que no sabes con quién estoy aquí en la habitación?
“No tengo ni la menor idea.”
“Pues estoy con dos putas... ¿no oyes las risas?
“Muy bien Santi, pero que no te cobren sólo por las risas”.

Joaquin LeguinaLa luz crepuscular” (pg.61)


3 nov 2010

Profumo di buone cose


Rinfrescante bevanda al cedro denominata Cedrata. Bere fresca, d’estate e inverno. Preferibilmente servirla accompagnata da due occhi nocciola tendenti al mogano che ridono all’ingiù, naso con leggera cunetta e barba folta e nera. La bevanda da il suo meglio se impugnata da mani tendenti sul forte e accostata a pancette pelose. Può provocare strepitosi sorrisi, ore di buon umore, patologico rovesciamento di birre, foto impreviste, passeggiate fraudolente, apparizione di poliziotti a cavallo, improbabili spagnoli con accento barese e sciarpe colorate. Ideale nei giorni di compleanno. Al sorgere del sole e al tramonto. Lascia in bocca una piacevole sensazione e un profumo di buone cose. Cose vere.
Attenzione: provoca eruzioni vulcaniche, non prenderla in prossimità di viaggi aerei.
¡Feliz cumple APPP!!

Tienimi i pataloni, per favore.... (I 400 colpi)


Il cinema a volte è qualcosa di molto semplice. E scegliere una persona e seguirla. Così capita che il cinema ti racconti una storia che ti entra dentro. Perché tu sei entrato dentro di lei. E senza accorgertene un giorno, la imiti, come imitavi il gesto di tuo nonno, o il sorriso di tua madre. Questo bambino che scappa per andare a vedere il mare. E poi si mette a correre senza fermarsi, con la M.d.P. che lo segue senza quasi tagli, senza dargli pace ma senza mai avvicinarsi più di tanto. Che scivola al suo lato. Questa fuga poco premeditata. E totalmente decisa. Questo modo di correre che è semplicemente inarrestabile. Deciso, forse eroico. A chi non è mai successo?
Deseo dar las gracias a quien me ha acompañado hasta la rodilla del mar…

(San Sebastian, 31 ottobre 2010, 10.30 della notte)



28 oct 2010

Busca



Busca en la resaca de la ola, que mueve y vuelve a reponer la arena donde estaba, el tiempo de pensar. Busca en la nube pasajera, el hilo de un recuerdo. Y en el coche que corre por el litoral, la alegría del primer beso. Busca en un trozo de botella redondeado por el mar, el verde de dos ojos. Y en los atardecer en la playa, el silencio de tus errores. Busca en un bocado de pescado fresco, la alegría de la alegría que puedes dar. Busca en la estela del barco, que va seguro, las ganas de viajar. Busca en el capricho del remolino, la dulzura del desconcierto. Y en la vela, que bate y no consigue inflarse, el sentido del humor. Busca en la isla que se alarga en el último promontorio, la forma de una mano (y imagina que indique algo). Busca en el sol deslumbrante de las 3 de la tarde, la sombra de un niño que sólo espera bañarse y no conoce aburrimiento. Y en una pequeña ventana abierta, el olor de algo que sabe a dulces recién cocinados. Busca en la gaviota que vuela paciente, la confianza en el tiempo. Y en el sabor de las almendras, las ganas de días confitados. Busca en el vaso de agua transparente, el engaño del cielo que devuelve azul la mar (y ríete de él!). Busca en el olor áspero de las redes en seca, la importancia de los recuerdos. Y en el llanto del bebé que se opone a su primer baño (¡vaya si se opone!) las ganas de seguir adelante. Busca en la roca que se desliza bajo el agua, y cambia de color y forma, el sentido de lo que no tiene sentido. Busca en el barbotear del pesquero que se aleja, el rumbo de la serenidad. Y en el barco, azul y blanco, varado en la playa, la ocasión de jugar al alrededor de él.

Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados

20 oct 2010

Sólo leo lo que se publica en las cajas de galletas (It's only rock and roll but I like it!)


Llegó con media hora de retraso. El timbre del interfono, el tiempo de subir y ya se asomaba a mi pisito.
Ni una palabra de disculpa sino una sonrisa y un beso. Llevaba vaqueros grises, zapatillas rojas, chaqueta negra y una larga bufanda de lana envuelta al cuello de color blanca. Muchacho ancho, peludo.
El tiempo de un vistazo y empezó a quitarse las zapatillas. “Mezcla de miel originales y no originales de la CE.” me dijo, quitándose ahora los vaqueros (¡juro por Dios que fue así!!!). “Por su naturaleza la miel no es recomendable a los niños menores de un año. No calentar sin razonable razón.” Y se quedó en calzoncillos.

Tenía tobillos fuertes, y muslos que invocaban el Museo del Jamón. Y mientras yo no sabía que hacer, y pensaba en la miel y a lo que me había dicho, y en el sentido que podría tener, él, todavía envuelto en su bufanda , de pie, se rascó la pierna derecha con la planta del pie izquierdo.
“Es que los calcetines” explicó “suelen picarme”.
Sin darme cuenta me vino a la mente el comienzo de Lolita, el libro de Nabokov. Lo que decía: “Lolita. Luz de mi vida, fuego de mis entrañas. Pecado mío, alma mía”.

Él bufó sin hacerme caso y puso rumbo a la cama. Ahora me daba las espaldas, y, por cierto, parecía absurdo con todos sus abrigos por la parte de arriba y su desnudez por la parte de abajo. Yo también parecía absurdo al sacar en ese momento algo como la literatura (no sé que me había pillado).
“Este producto está elaborado con ingredientes naturales de primera calidad” me dijo mientras sus calzoncillos, apretados y blancos, se movían con él “obtenidos mediante las más esmerada técnicas de cultivo”.
Si este es un polvo, pensé, es el polvo más extraño de toda mi vida.
“Su receta tradicional y su cuidada forma de preparar el tomate" continuaba él absurdamente, "dan como resultado este gran producto.” Y se quedó a lado de la cama; el Gran Producto. Con los calzoncillos. Con los calzoncillos y volviendo a mirarme en los ojos. Él, no los calzoncillos. Bueno, no lo sé. Quiero decir que puede ser también los calzoncillos. Quiero decir que eran tan hermosamente rellenos (y empalmados), que puede ser que también los calzoncillos (él estaba empalmado no los calzoncillos) me estaban mirando. Quiero decir que me había hecho la picha un lío. ¡Eso es!.

Me desabroché los vaqueros (dejándolos allá) y me acerqué. Ahora sí que éramos raros. Por la parte de arriba parecíamos dos amigos que acababan de saludarse por la Gran Vía (él con su abrigo y yo con mi jersey) y por la parte de abajo parecíamos algo de obsceno, algo que se tocaba y se frotaba.
“Azúcar blanco de caña” me dijo. Y añadió doliente: “El paquete no lleva escrito mucho más”.
Y nuevamente me salió el comienzo de un libro. Esta vez era “Platero y yo” de Juan Ramón Jiménez. Lo que dice: “Era pequeño, peludo, suave; tan blando por fuera, que se diría todo de algodón, que no llevaba huesos. Solo los espejos de azabache de sus ojos eran duros cual dos escarabajos de cristal negro.”
A él no le gustó. “¿Pero que dices? Mis ojos no son dos cucarachas” protestó.
No le hice caso y decidí besarlo en aquel lado de la boca donde los labios acaban en una sutil y húmeda V.
Olía a naranjas.
Le gustó. Satisfecho me tocó con un dedo la punta de la nariz.
“Aplicar diariamente, mañana y noche sobre la piel limpia de todo el cuerpo. Su formula (combinación de vitamina E y componentes hidratantes) protege del envejecimiento prematuro.” Y ya está. Lo tiré a la cama. Su bufanda se había ido. Mientras él se quitaba la chaqueta y una camiseta que llevaba escrito “¡NO TE JODES GUAPO!” yo me ocupaba de mi jersey . Desnudo me tumbé sobre de él. Su cuerpo me dio la bienvenida. Sus manos estaban clavadas en mi cuello. Las agarré por las muñecas y las llevé tras de su cabeza. El no hizo resistencia. Pero, así bloqueado, se puso a mirarme orgullosamente. Era rubio. Llevaba una barbita inculta, ojos profundos. Su cuerpo parecía un lozano bosque de oro.
“Aceite de oliva categoría superior obtenido directamente de aceitunas y sólo mediante procedimientos mecánicos.” me dijo todo de un tirón. Concluyendo con: “¡Producto de España!”.

Eres una mierda, pensé. ¡Y entonces a la mierda todo el mundo! ¿Tal vez sea esto un polvo: dos personas distintas que no saben que hacen, pero lo hacen muy bien?
Y acto seguido empecé a declamar la Odisea de Homero. ¡Toma ya!
“Cuéntame, Musa, la historia del hombre de muchos senderos” cantaba cachondo “que anduvo errante muy mucho después de Troya sagrada asolar.”

Y èl (encantado): “Serviciooo al consumidoooor, visítenos en....”
Y yo: “Vió muchas ciudades de hombres y conoció su talante, y dolores”
Y èl: “Consumiiir preferentementeeee antes del fin de/lote: ver parte detrás!”
¡Ahora! Pasé zumbando sobre sus pezones y le levanté las piernas. Vaya panorama se veía.
Por un rato nos quedamos callados. Él, un poco avergonzado, piernas al techo, clavó su mirada en mi barriga y casi con un hilo de voz me dijo: “El portador de esta entrada se compromete a respetar las normas establecidas. La producción de bebidas, armas, bengalas, fuegos de artificio u objetos análogos, causaran el impide a el recinto deportivo.”
Y entonces follamos. Detrás nuestras palabras y nuestro malentendidos. Follamos en el aceite y con los libros, en la miel y con las entradas del Bernabeu. en el tomate, y con Lolita, y con Homero. Follamos por fin a la esquina de su rodilla. En el cruce de mi ombligo. Ocultados en mi nariz. Nos follamos bailando sobre nuestras uñas, bajo la plantas de los pies. Nos follamos en todos los lugares. Tratando de perdonarnos.

Cuando acabamos, cansados, satisfechos, en la cabeza me bullía la poesia de Rafael de León. La que decía: Era hermoso y rubio como la cerveza; el pecho tatuado con un corazón. En su voz amarga había la tristeza, doliente y cansada, del acordeón. Y por cuanto parecía absurdo en aquel momento lo queré , y estaba feliz, feliz de estar tumbado al lado de aquel chaval rubio y cansado y loco.
Acaricié su pelo de oro.
“Porque haces así?” le pregunté.
“Sólo leo lo que se publica en las cajas de galletas” me contestó.” y añadió: “It's only rock and roll but I like it!”
Fuera la noche de Madrid llamaba sus hijos.


Has leído lo que lleva escrito: La Miel Granja San Francisco, Orlando Tomate Frito, Body Milk Dia, Aceite de Oliva Virgen Extra Dia, Entrada Tour Bernabeu. Tal vez todo este pequeño y estúpido relato es verdadero. Mucho más verdadero de lo que parece.

Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados