30 mar 2010

Indignato!


Vivo all’estero da quasi due anni e qualcosa di strano sta avvenendo nel mio corpo. Sto male. Sono anche andato del medico cercando di farmi curare, perché la cosa è seria, ma lui mi ha detto che non può farci nulla. Così provo a curarmi da solo.

La mattina mi alzo e con il caffè leggo i giornali Italiani. Oggi ad esempio pare che Dell’Utri tenga a casa sua un manoscritto di Pier Paolo Pasolini. Dell’Utri! Leggo tutto, ma proprio tutto l’articolo e respiro affondo. Ma non succede nulla. Dell’Utri ha a casa un manoscritto di Pasolini. Mi palpo, mi tocco. Dell’Utri! Dico 33. Ma niente. A L’Aquila la destra ha preso il 53%. Bossi, così dicono i giornali, trascina la destra. Ratziger voleva punire il vescovo pedofilo ma è stato bloccato dalla Curia. Trovo un video dove Silvio Berlusconi bacia la mano a Gheddafi. Qui giuro che nutro qualche speranza. Pieno di fiducia mi sforzo, davanti al mio Pc, me lo dico, quasi me lo dico: forza antonino…. Sforzati un po’. Ma non succede nulla, neanche questa volta. La Polverini li ha polverizzati, il partito dell’amore ha vinto (ma il partito dell’amore non era di Moana Pozzi?). E io mi sento così solo.

Alla fine apro FeceBook, ed eccoli tutti li i miei amici, e gli amici dei miei amici, e gli amici degli amici dei miei amici, tutti che parlano e dicono qualcosa, e hanno la nausea, o sono incazzati, e aprono gruppi (tipo: questa piattola sul mio cazzo avrà più voti di Silvio Berlusconi), e pubblicano video, e tutti insieme, come amanti dolcissimi si indignano. E io no. E io mi sento così solo. Perché non mi indigno più.
E' che, vivendo all’estero sto perdendo i miei geni italici. Ad esempio mi guardo il Tg4, ohhh come mi piaceva guardarmi il Tg4 qualche anno fa! Che poi magari ti chiama un amico e gli dici: ciao caro, scusa è che stavo guardando il Tg4 e sono così indignato, guarda mi è passato anche l’appetito. Come dici? Pizzetta a Trastevere e dopo retrospettiva sul cinema Polacco degli anni 20? Va bene, vengo, si si, disintossichiamoci da questa spazzatura. E ora invece, vendendo Emilio Fede penso solo alla mia nonnina, alla mia nonnina molto cattolica che aveva sempre paura che ai giardinetti si avvicinassero quei signori con le caramelle e la faccia abbronzata in pieno gennaio, e la pelle tirata come un tamburo, che ti sorridono e sembra che abbiano tanta, ma tanta saliva in bocca. E ridono. Ridono soprattutto se qualcuno dice: mutandina (vai a capire perché!). E, l’unica cosa che mi viene in mente è che adesso Emilio Fede è l’idolo di tutte le vecchiette. E che la sua linea editoriale è molto vicina al vaticano e alle famiglie.

Ormai è sera qui a Madrid, e così ricordo che Marco, che è arrivato da due mesi e che vive alla Latina e collabora con uno studio di architetti (perché lui è architetto, e il suo papà è architetto, e suo nonno era architetto, architetto di Bologna), ha organizzato una cenetta per vedere tutti insieme in striming i risultati delle elezioni. Lo chiamo, mi dice, vieni, ti aspettiamo. Mi vesto ed esco. Scendo per calle Fuencarral, attraverso la Gran Via, Puerta del Sol, Plaza Mayor e già ci sono.
Qualcuno ha comprato le patatine (e io le avevo finite) e c’è birra in quantità. Il pc ha le casse ed è uno splendido Mac. Vedo la Polverini (quella che ci ha polverizzato) con un megafono in mano che è commossa, che ringrazia tutti, specialmente Alemanno e il Cavaliere. E c’è chi ride a casa di Marco, chi si incazza, chi dice che già si sente un rifugiato politico (non so, tipo Cortazàr in Francia), e io me ne sto seduto sul bracciolo del divano, silenzioso, con le gambe strette e le mani chiuse nelle ginocchia e mi sento cosi solo a non indignarmi. Anche perché Marco ha un bellissimo maglione e a me piacerebbe tanto comprarmelo. Che Samuele glielo dice anche, dopo l’intervista a Bossi, che è proprio bello.
“Ma che fai Antonino, te ne vai? Ma no, dai rimani, che ora ci vediamo Ecce Bombo di Moretti, che ho il DVD”.
A Puerta del Sol, decido, definitivamente, che la nuova fermata della metro non mi piace. Ma la cosa non mi fa sentire molto di sinistra, anche se è stata voluta dalla giunta comunale di destra, che c’è qui a Madrid. Provo a indignarmi, almeno per questo, ma non ci riesco. E allora mi ricordo che non vedo Giovanni da almeno due settimane. Non ci penso su un secondo, neanche lo chiamo.
Giovanni è calabrese. E’ arrivato 4 anni fa. Sua padre ha provato a fargli fare l’Università, ma poi Giovanni se ne è venuto a Madrid, forse perché c’era rimasto troppo male per una certa storia d’amore. E l’Università la lasciata.
Mi apre la porta in mutande. E mentre si gratta una coscia, e non mi lascia entrare, mi confessa che mica lo sapeva che c’erano le elezioni. E lui è un po’ impegnato di la, e mi fa l’occhiolino. Dietro il suo metro e ottanta, taglia 27 anni, intravedo gli avanzi di una Parmiggiana. E passa meno di un secondo prima che Giovanni mangia la foglia, mi da le spalle taglia 27 anni, prende una busta e un piatto, una bella fetta (ma io rimango sulla porta) avvolge il tutto e mi consegna il pacchetto con un grande sorriso.

E così alle due di notte me ne torno verso casa, e alla fine un po’ indignato mi ci sento con la mia Parmiggiana. Indignato per che mi mancano i Natali, quando bisognava andare a far visita agli amici degli zii, e ogni volto tornavi a casa con una busta piena di cibo. Indignato perché il mio amico Umberto in quinta elementare aiutava il padre a scaricare le mozzarelle al mercato e il padre aveva la tessera del PC e in televisone Dario Fo era un comico che faceva ridere tutti. Indignato perché mi ricordo le corriere che arrivano alla stazione Tiburtina, dalla Calabria, dalla Puglia con scatoloni chiusi con lo schoc, e pieni di cibo, e olio, e pomodoro, per i ragazzi che studiano a Roma e vogliono farcela. E vivono sulla Prenestina, sulla Tuscolana, sulla Casilina. Con i loro portatili, la spazzatura differenziata, le case fatiscenti e gli affitti astronomici e la voglia di scapparsene all’estero.
E Vendola ha vinto. Ha vinto!

Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados.

26 mar 2010

Raiperunanotte: probabilmente vi farò tutti incazzare ma io la penso così.


La scorsa settimana ero steso sul mio piccolo piccolo divano e mi guardavo su una televisione tutta scassata (la mia ex coinquilina lo sa bene) un dibattito politico qui in Spagna. Come era fatto? Molto semplice: un tavolo rotondo con seduti dei giornalisti di cui si vedeva poco più della testa, e il ministro del lavoro che rispondeva a delle domande. Una per volta. Domande non facili perché, qui, in Spagna, la disoccupazione è alle stelle e la crisi è molto forte. Poraccio, sudava!
Che cosa ho pensato in quel momento? Ho pensato che nessun politico italiano, di destra, centro, sinistra e cavolfiori, sarebbe stato in grado di sostenere una simile intervista. Non si vedeva quasi nulla di come erano vestiti, sul loro look, non potevano muoversi , accavallare le gambe, camminare, gesticolare, dire cose a effetto. Portare grafici, scrivanie, biciclette e amanti. Insomma bisognava parlare, spiegare e senza la speranza di essere interrotto dal cantante di turno, dal comico, dalla velina super sorca. No, doveva proprio rispondere alla domanda: “che se fa con questa disoccupazione, ha idee?”. E tutti zitti a ascoltarlo. Per cui o hai idee o fai la figura del coglione (e questo, apro parentesi, l’ha fatta, chiudo parentesi).
Ebbene, signori, ho visto la trasmissione Raiperunanotte, e posso dire che è una delle cose più berlusconiane che ho visto negli ultimi anni. Un vero trionfo del cavaliere e del suo modello. Protagonisti di primo livello, Benigni, il solito, Piovani che suona la sigla di Annozero (ma per favore!) Il trio medusa, Crozza che fa Brunetta e Brunetta che fa Crozza. Luttazzi che entra e il pubblico in delirio e Santoro che dice: “una presenza” (per il resto deliziosamente osceno, per questo lo amo, il caro Luttazzi) (ma chi era quel coglione che si metteva baffi finti, mentre parlava Luttazzi? Lo chiamavano Morgan? Forse sono fortunato e non lo conosco…). Un Travaglio in splendida forma, che legge con ritmo perfetto la sua cronaca giudiziaria (gravissima!), condendo il tutto, qua e la, con qualche parolaccia (l’unico dispiacere è che non avevo poppi corni in casa e me so dovuto accontentare di un po’ ti patatine… pero aho fichissimo eh!) Il pubblico, naturalmente ipnotizzato, rideva e si scandalizzava. Perche lo spettacolo rosa serve a piangere, lo spettacolo hard a masturbarsi, lo spettacolo comico a ridere, lo spettacolo politico a scandalizzarsi.
Insopportabile. Insopportabile questa sinistra che pensa che essere di sinistra significa essere un Belusconi che monta uno spettacolo più colto, più divertente, dove a suonare è Piovani, mica Pupo, dove, siccome siamo colti, abbiamo il senso dell’umorismo. Odiosi.
Cosa voglio dire: che sono contento che hanno chiuso Annozero, e Ballarò, e non so che altro, anche se non credo che servirà a molto. Santoro non è un giornalista e non sta facendo giornalismo. Travaglio non è un giornalista e non sta facendo giornalismo. Benigni non è un giornalista, però perlomeno non vuole esserlo. Il Format è tutto, e chi lo impone vince. E Santoro è l’emblema della vittoria di Berlusconi. Assomiglia a Mussolini esattamente come Berlusconi. E se Berlusconi lo vuole chiudere è solo una guerra tra spettacoli, e non tra democrazia e regime. Non fatevi illusioni!
Se per informare il cittadino che il suo presidente del consiglio è un ladro devo essere capace di reggere un monologo come Gigi Proietti, devo avere il senso del colpo di scena di un Gasman, l’amore per l’iperbole paradossale di un Totò, al di la di ciò che sto dicendo, io di fatto, sono o un idiota o un ipocrita.
Se in Italia ci sono cittadini allora non ci sarà bisogno di fare spettacolo, perché la cosa pubblica e anche nostra, e ci interessa. Mio padre quando faceva i conti a casa di fine mese, bisognava stare zitti e guai a cazzeggiare. Se in Italia invece c’è solo un pubblico, e il senso dello Stato non esiste, allora non facciamoci illusioni: lo spettacolo è ghiotto e ne vogliamo ancora. Ma lo spettacolo è tutto il baraccone, il buono e il cattivo, il porco e il moralista. Tutti in piazza che la saga continua! Gli attori sono tutti di primordine.
Importante: ho finito le patatineeeeeee!!!!

18 mar 2010

Soldados de Tapioca



Cuelgo aquí un precioso relato de Miguel. Abajo la traducción en italiano


Bani empuja su carrito entre frascos de color belleza eterna. Todo ordenado, todo limpio. Desde las alturas una voz masculina vela por las pertenencias de los viajeros “Do not leave your baggage unattended”, ella preferiría que dijese palabras de amor ¿Palabras? Cuando pasa junto a los periódicos ojea los pies de foto. Tiene muchas horas por delante en el aeropuerto y ahora puede leer libremente, duda sobre el precio que ha pagado por ello, pero pensar en lo irreparable no arregla nada. Oye un ruido, Clinck. La máquina de bebidas se mueve al compás de las monedas. El brazo mecánico sube aparato arriba hasta la casilla B13, Pepsi Light, con elegancia desliza la mercancía ingenio abajo rumbo a la portezuela donde ¡Clonck! El cierre se abre y aparece el brebaje. Impecable maniobra propia del mundo del dutty-free donde ricos y pobres responden al last call como si se tratase del juicio final: desde los encorbatados hasta los soldados de Tapioca, pasando por esas mujeres izadas en tacones con cuerpo en forma de flecha. Bani sabe la herida que esconde bajo su sari ¿Ocultarán ellas también alguna cicatriz por querer ser como soñaban?

Mientras sube en el ascensor de cristal mira fijamente el mundo perfecto que la rodea y recuerda el olor del ácido cayendo en su piel. Tal vez los moradores del planeta dutty-free no sé preguntan nunca el por qué, el cómo o el cuándo tal y como hizo ella y fue castigada, a lo mejor esa es la clave para un mundo feliz, a lo mejor, a lo mejor, a lo mejor…

FIN
THE END
ENDE
KONIECK
FINE


Soldati di Tapioca*

Bani spinge il suo carrello fra boccettine colorate di bellezza eterna. Tutto ordinato, tutto pulito. Dall’alto una voce maschile veglia sui bagagli dei passeggeri “Do not leave your baggage unattended” dice, però Bani preferirebbe parole d’amore. Parole? Quando passa vicino ai giornali guarda le foto. Ha molte ore davanti a se da passare in aeroporto ed ora può leggere liberamente, dubita sul prezzo che ha pagato per farlo, ma pensare all’irreparabile è inutile. Sente un rumore, Clinck. Il distributore automatico si muove all'unisono con la moneta. Il braccio meccanico sale lungo la macchina fino al casello B13, Pepsi Light, e con eleganza fa scivolare ingegnosamente il prodotto in direzione della portiera dove, clonck! la chiusura si apre ed appare il beverone. Impeccabile manovra propria del mondo del dutty-free dove ricchi e poveri rispondono al last call come se si trattasse del Giudizio Universale: dagli incravattati fino ai soldati di Tapioca, passando per quelle donne issate su tacchi a spillo come fossero corpi a forma di freccia. Bani è consapevole della ferita che il suo sari nasconde. Anche quelle donne nasconderanno qualche ferita per aver voluto essere come sognavano?
Mentre sale con l'ascensore di vetro osserva il mondo perfetto che la circonda e ricorda l'odore che faceva l’acido quando cadeva sulla sua pelle. Forse gli abitanti del pianeta dutty-free non si domandano mai il perché, il come e il quando come face lei e fu punita, forse quella è la chiave per un mondo felice, forse, forse, forse

FINE
THE END
ENDE
KONIECK
FIN

* L’espressione “soldati di Tapioca” si riferisce a una nota catena di negozi di vestiti, frequente negli aeroporti spagnoli, che si chiama “Il Colonnello Tapioca”. (N.d.T.)
Barajas - foto hecha por Francesca Montuori © All rights reserved