Titanic: il dramma è servito (recensione del film)



                                                                                                                                
            Chi andrà a vedere Titanic, credendo di vedere un film sul suo affondamento, resterà deluso. Titanic, nonostante il titolo, non è un film sul Titanic, ma su una struggente e drammaticissima storia d’amore. Come la pubblicità del noto rasoio informa che la prima lama toglie il pelo e la seconda la radice, così Titanic è un doppio melodramma, con avvitamento e tuffo finale (nell’oceano).

La trama è classica; novelli Giulietta e Romeo, i due protagonisti, sono separati dal destino, che, come nella legge canonica del genere, si esplica in una insormontabile differenza sociale: promessa sposa di un ricchissimo uomo d’affari lei; spiantato, bello e romantico pittore parigino, lui. Come nella canzone di De Gregori l’amore scoppia tra la prima e la terza classe. C’è materiale a sufficienza per un drammone (Shakespeare con analogo materiale ha fatto piangere parecchie decine di generazioni), ma qui entra in azione la seconda lama (quella che taglia la radice), infatti, non solo i due sfortunati innamorati sono così lontani per ceto sociale, e strenuamente osteggiati dagli immancabili cattivi, ma essi sono, anche, niente po’ po’ di meno, che, sul Titanic!! 
Così, incollati allo schermo, non possiamo fare a meno di assistere al dramma nel dramma; e nulla, assolutamente nulla, ci viene risparmiato. Dalla fatalità con cui il Romeo/Di Caprio entra in possesso del biglietto, urlando “ora la mia vita cambierà” (facendo sospirare la platea femminile e non), alla cattiveria del fidanzato geloso. Dalla cecità della madre di lei, alla pietà della piccola domestica. Dagli occhi piangenti e decrepiti nel racconto della vecchia, alla brutalità del naufragio, fino al lancio di un diamante (pare molto prezioso) come imperituro tributo d’amore.
Il finale, dopo 3 ore e mezzo, è drammaticissimo: lei, innamorata, abbandonata, e diseredata (e probabilmente incinta), lui trasformato in un biondo cubetto di ghiaccio che si inabissa rigido come un cornetto Algida. Più di così!
Ma attenzione Titanic non è un film fatto male, anzi. Cameron si conferma un grande conoscitore di cinema; controlla perfettamente l’enorme massa del film, mettendo a punto una sceneggiatura soverchiante e affilatissima che ti obbliga a piegarti alla sua melodrammatica logica. Così quando lui, semi assiderato e morente, circondato da mille e duecento morti galleggianti, dice a lei che è felice di essere lì, nessuno, nonostante sia lecito aspettarselo, si mette a ridere. Anzi; il pubblico, schiacciato da una visione spettacolare, con immagini potenti ed efficaci, coadiuvate da un assordante sonoro (sentirete girare le gigantesche eliche del Titanic – e qualcos’altro – per parecchie ore dopo la visione del film) urla, applaude a scena aperta e si strappa i capelli. Impossibile, anche se desiderabile, addormentarsi.
E’ dai tempi di “Voglia di tenerezza” che il cinema americano non realizzava un film così volutamente drammatico, così volutamente carico e barocco. Titanic ha l’effetto di un drammatico incidente frontale; ti investe, ti soggioga e ti stanca. Quando si esce dal cinema, oltre a un grande mal di testa, ci si sente svuotati, distrutti e bagnati. Il freddo invernale ti accoglie come un gelido vento polare e ti sembra di avvistare iceberg ad ogni angolo. La pioggerellina ti pare preludere a un catastrofico naufragio e, tornati a casa, il rumore dello sciacquone del gabinetto acquista minacciosi presagi. Come in un ipnotico viaggio, tuo malgrado, ci metti ore a renderti conto che sei sulla terra ferma, che la tua vita è al sicuro, che il Titanic, nonostante tutto, e già affondato e tu (grazie a Dio!), non eri a bordo.
Non vogliamo pensare che il cinema sia questo, o soltanto questo. Ma se quello di cui avete bisogno è una potente purga che vi lasci una sensazione di roboante e psichedelico vuoto, Titanic è il film per voi.

Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados.

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