Quando le parole… affilano i coltelli





Chi lavora con le parole da mattina e sera, cercando anche di ricavarci un guadagno, sa molto bene che un testo nasconde tanti piccoli ingranaggi segreti. Eppure a scuola non insegnano a riconoscere e ammirare queste “macchinerie”, con il risultato che la letteratura appare ai nostri giovani studenti qualcosa di un po’ troppo svincolato dalla realtà e della praticità. Come se gli scrittori, a partire dai più grandi, non si siano dannati per tener desta la nostra attenzione. Un tragico equivoco, che nessuna riforma scolastica sta cercando di risolvere. Bello e Utile (o Bello e Efficace), sembrano ormai aver preso strade diverse… quando invece ad osservar bene non è mai stato così. Permettetemi dunque di tentare l’analisi dell’opera di colui che considero un geniale  e misconosciuto poeta dei nostri giorni. Un modesto cantore, certo, ma che testardamente propugna l’essenziale unione fra bellezza e utilità, e ad essa si affida, per il suo reddito mensile. Quale migliore garanzia?
Egli passa tutti giovedì mattina sotto casa mia a bordo di una vecchia macchina, con megafono montato sul tetto da cui recita:

DONNE, È ARRIVATO L’ARROTINO!
ARROTO: COLTELLI, FORBICI, FORBICINE, FORBICI DA SETA, COLTELLI DA PROSCIUTTO.
DONNE! E’ ARRIVATO L’ARROTINO E L’OMBRELLAIO
AGGIUSTIAMO GLI OMBRELLI
L’OMBRELLAIO, DONNE!
RIPARIAMO LE CUCINE A GAS.
ABBIAMO I PEZZI DI RICAMBIO PER LE VOSTRE CUCINE A GAS.
SE AVETE PERDITE DI GAS, NOI LE AGGIUSTIAMO.
SE LA VOSTRA CUCINA FA FUMO, NOI ELIMINIAMO IL FUMO DELLA VOSTRA CUCINA A GAS.
LAVORO SUBITO
IMMEDIATO!

Il testo, apparentemente commerciale, è in realtà sommamente poetico.
Il primo verso è pronunciato marcando la D di donne, facendo una piccola pausa prima del verbo, e prolungando leggermente l’ultima vocale di “arrotino”.
L’incipit è breve, preciso, inequivocabile. Contiene sia il messaggio, sia il soggetto a cui il messaggio è diretto. Inoltre, sfruttando il suono duro della D di “donne”, l’arrotino lo utilizza come rombo, tuono, mortaretto. E’ implicita una sospensione temporale. Sembra dire: “Se state facendo qualcosa smettete di farla (ddonne!). Se state passando l’aspirapolvere, invaghitevi della mia voce che è riuscita a raggiungervi nel vostro tecnologico rumore: ho da parlarvi, e potete giurarci, ne varrà la pena”.
Nel secondo verso (Arrota: coltelli, forbici, forbicine, forbici da seta, coltelli da prosciutto), l’arrotino passa ad un tono più trattenuto. A livello fonetico si limita a sottolineare la doppia R di “arrota”, ma trasforma un noioso elenco d’utensili, in una piccola filastrocca. Non dice infatti: “forbici, forbici da seta e forbicine”, che suonerebbe noioso, ma sfrutta la graziosità del diminutivo così che: “forbici, forbicine, e forbici da seta”, ci serva da viatico per entrare in un mondo di sogni, nel regno felice dove tutto è affilato.
Attento a non cadere nel lezioso, però, chiude il verso con un concetto maschio, pratico, concreto, metallico e inflessibile, ma al tempo stesso, saporito, salato, sostanzioso come: “coltelli da prosciutto”. E per legare la cosa alle svariate e infinite forbicine citate, sfrutta la ripetizione di “coltelli”, con cui la frase si apre.
Il verso, perfettamente simmetrico, allude al tempo stesso ad un’energia vigorosa, levigante, rappresentata da “coltelli”, ma ammicca anche ad una sensibilità tipicamente femminile (le “forbicine”). Insomma questo arrotino ha braccia forti, capaci di arrotare, ma è anche dolce, paterno e ispira fiducia.
Va da sé che a questo punto ha attratto la nostra attenzione.
Ma non basta. Ripete: “ddonne! è arrivato l’arrotino e l’ombrellaio”. Pronuncia il verso con uguale tono, ma ora, quando comincia a prolungare l’ultima vocale di “arrotino”, che noi quasi c’eravamo assuefatti, che quasi lo prevedevamo, lui improvvisamente prende fiato, pronuncia squillante la congiunzione e subito dopo dà la notizia: è anche un ombrellaio!
Se stavate correndo alla porta con i vostri coltelli e le vostre forbicine, ora vi fermate e tornate indietro a prendere anche gli ombrelli.
Notare come il verso, molto astutamente, ha una duplice funzione. Ricominciando da “ddonne” palesa la sua ambizione di poesia, di verseggiare, di Trovatore sotto il vostro castello (ovvero non state assistendo ad un annuncio ma ad una serenata); dall’altra la ripetizione del verso attutisce la sorpresa dell’ombrellaio. Egli non vuole apparire come qualcuno che nasconde qualcosa. Non vuole essere cioè ansiogeno. Agganciando “l’ombrellaio” ad “arrotino” coniuga le due cose. Implicitamente sembra voglia tranquillizzarvi. Non dice: sono un arrotino, e poi… errore! sono un ombrellaio. Dice: sono un arrotino e un ombrellaio.
Lui è il genio della lampada, porta buone nuove dal paese dei balocchi, ha mille storie per voi, e chi lo ascolterà cadrà in stato di grazia.
Consapevole della novità, l’arrotino insiste con tono dolce, un pizzico didascalico. Spiega, conciliante, che un ombrellaio aggiusta ombrelli. L’ombrellaio, appunto, dddonne.
Ora che con accortezza ha conquistato la vostra fiducia, ma che dico? il vostro affetto! mette subito a frutto la cosa, esplicitando le sue nobili origini (che vanno a legarsi con le sue nobili intenzioni). Si autopromuove Principe Azzurro e passa al plurale maiestatis. Ogni residuale sospetto cade.
Ogni barriera fra te, antropologicamente definita ddonna, e un, tutto sommato estraneo, è annullata. Una nuova realtà affascinante è inventata di sana pianta (come solo i grandi poeti sanno fare). E’ la fine di tutte le colpe, il giubileo delle buone maniere, della vecchia galanteria; tanto più pregna di significato se annunciata da, niente popo’ di meno, un principe. Il principe degli arrotini… che è anche ombrellaio!
E allora egli fa un altro piccolo passo avanti e allude...: “Ripariamo le cucine a gas. Abbiamo i pezzi di ricambio per le vostre cucine a gas”.
Allude per la prima volta, non solo a che voi scendiate sotto il portone a portargli coltelli, forbicine e ombrelli, ma che sia lui, udite udite, a salire a casa vostra, ad entrare nel talamo, nella centrale operativa del vostro potere casalingo: la cucina!
Riflettiamo…
Quanto assurda sarebbe stata questa richiesta solo cinque righe sopra?
Un uomo, dal timbro di voce vagamente fallico, che passeggiando rumorosamente in macchina (per giunta su una macchina fuori moda) invita in coro le donne a farlo salire in casa? Inaudito! E di mattina per giunta, quando i mariti sono fuori. Sì, i poveri mariti poco fallici, e dai soprannomi capponeschi (pici pici, cipollino di Tittina tua, puffetto della casa, puzzolo, pancino, rolletto, coccolino, eccetera eccetera).
Ora la cosa appare invece perfettamente plausibile. Lui è arrivato a questo risultato senza che voi ve n’accorgevate, anzi, senza neanche che voi poteste sospettare a cosa realmente mirava. Ha modificato l’orizzonte delle nostre conoscenze. Aperto possibilità considerate remote. Non ha inventato nulla a ben vedere, ma ha dato forma.
Ecco la vera poesia! Quella nascosta, modesta, pregna d’odori, non avulsa, ma completamente calata nel reale. Pratica!
Bisogna inoltre notare che non ha mai usato su di sé un aggettivo. Non ha detto: sono bravo, vi ha alluso. Non ha detto: sarò gentile, lo ha dimostrato.
Così, tutte trafelate dalle vostre faccende domestiche (ddonne!), circondate da detersivi corrosivi, smagliate nelle calze, tradite dai parrucchieri e insultate dalla cellulite, vi torna in mente, il sapore pratico e corposo di: “coltelli da prosciutto”. E ve lo ripetete estasiate: “Coltelli da prosciutto”.
E anche noi maschietti, certo, noi poveri maschietti casalinghi (n’esistono sempre di più), siamo presi alla voce nerboruta dell’arrotino, da una folata omofobica e ci precipitiamo, nostro malgrado, alla finestra, invidiosi a guardare.
E’ una primavera femminile quella che si scorge. Donne, donnine e donne di servizio affollano le vie, e i portoni si aprono e si chiudono, mentre pantofoline piumate tacchettano lungo vialetti condominiali condonati da malconce piante grasse. E’ un fiorire di mondi alternativi.
“Se la vostra cucina fa fumo” giura il Poeta, “noi eliminiamo il fumo della vostra cucina a gas”; ripetendo cucina, gas e fumo, come un unguento speziato steso a lenire le preoccupazioni quotidiane.
“Quando, quando?”, urlano le ddonne.
“Lavoro subito” annuncia finalmente esplicito, “Immediato!”.
Il resto, è letteratura.

Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados.

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