30 dic 2010

Parlando di Spagna questa forse non la sapevate


Parlando di Spagna questa forse non la sapevate. L’estrazione dei numeri della lotteria nazionale, che qui si estraggono a Natale e non a capodanno, vengono estratti in diretta televisiva da alcuni bambini che cantano i numeri usciti. Guardare per credere.

Come sono straniiiiii questiiii spagnoliiiiii.....




28 dic 2010

Il water di mio nonno (o del Natale)

Mio nonno viveva in una grande casa di due piani in un paese vicino Napoli. Abbiamo ancora questa casa e ogni tanto tutta la famiglia va a passare il Natale li.

Nel bagno della casa di mio nonno c’è qualcosa che fa paura: il water.
E’ rosa, e stranamente largo. Nel centro, sotto l’acqua, ci trovi un enorme buco, molto più grande del normale, come un occhio rosa che ti fissa. Insomma è inquietante.
Ma la cosa veramente straordinaria succede nel momento in cui tiri l’acqua. Per incominciare: il rumore. Profondo, tremolante, rauco. Impossibile rimanere seduti senza farci caso. Ti tocca alzarti, girarti e guardare. Il rumore lo fa l’acqua che esce, non di botto ma lentamente e inesorabile. Con una intensità crescente. Quest’acqua però, questa incerta fontana, non si porta via niente, come sarebbe normale auspicarsi, ma riempie, per alcuni interminabili secondi, il water quasi fino al bordo. E tu, davanti a questo spettacolo, ti ritrovi a contemplare tutto il tuo lavoro, tutta la tua personalità marrone, galleggiante e inquietante, che sale. Ed è in questo momento, nel quale stai quasi per chiederti “ma che cavolo succede?” che prende forma, per la tua incredulità, un vortice. All’inizio ha un movimento lento, come un corteo che incomincia a sfilare verso destra. Separando ogni pezzettino della tua personalità, ogni pezzettino di carta, che cominciano a girare in un movimento regale e maestoso. Subito dopo il vortice, dopo altri due o tre giri, si trasforma in un vero tornado. Il movimento si fa più veloce, il rumore più drammatico. E tutta l’esistenza delle tue trippe sta li, correndo, danzando, quasi gridando, sempre più veloce. Ora il tornado comincia ad affondare e quanto più affonda più si fa stretto, e più si fa stretto più si fa veloce. E più si avvicina al buco. Fino a quando, in un ultimo rutto, si ingoia tutto. E rimane solo il silenzio e il Nulla.
Ancora non ho compreso se il water di mio nonno è uno scherzo della natura o una inquietante metafora della vita (o del Natale).

Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados

27 dic 2010

El water de mi abuelo (o de la Navidad)


Mi abuelo vivía en una casa grande de dos plantas en un pueblo cerca de Napoli. Todavía tenemos esta casa y de vez en cuando vamos, toda la familia, a pasar la Navidad allí. Hay en el cuarto de baño de la casa de mi abuelo, algo espantoso: el water.
Es de color rosa, bastante ancho. En el centro, bajo el agua, se halla un enorme agujero, mucho más grande de lo normal, como un ojo, rosa, que te fija. Vamos, algo inquietante.
Pero lo verdaderamente extraordinario pasa en el momento de echar el agua. Para empezar: el ruido. Profundo, tremulante, ronco. Imposible quedarse sentado sin hacerle caso. Tienes que incorporarte, darte la vuelta y mirar. El ruido lo hace el agua que sale, no de repente sino despacio e inexorable. Con una intensidad creciente. Pero este agua, esta fuente incierta, no se lleva nada, como seria normal esperar, si no que llena, en unos segundos interminables, el water casi hasta el final. Y tú, delante de este espectáculo, ves todo tu trabajo, todo tu curro marrón, flotante y asombroso, subir. Es en este momento, en el cual casi te preguntas a ti mismo: ¿Pero qué coño pasa? que toma forma, bajo tu incredulidad, un remolino. Al principio es un movimiento lento, como un desfile que empieza a moverse hacia la derecha. Separando cada trocito de tu trabajo, cada trocito de papel, que dan vueltas en un moverse noble y majestuoso. Luego el remolino, después de dos o tres vueltas más, se trasforma en un verdadero tornado. El movimiento se hace más veloz, el ruido más dramático. Y toda la existencia de tu tripa está allí, corriendo, danzando, casi gritando, siempre más y más veloz. Ahora el tornado empieza a hundirse y cuanto más se hunde, más estrecho se hace. Y cuanto más estrecho se hace, se hace más veloz. Y más se acerca al agujero. Hasta que, en un último eructo, se traga todo. Y queda solo el silencio y la nada.
Aún no he comprendido si el water de mi abuelo es una broma de la naturaleza o un asombrosa metáfora de la vida (o de la Navidad).
Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados

21 dic 2010

En este extraño verano bajo el nórdico



Hace frío en esta noche bonita que sabe a almohada y a navidad. Hace frío fuera de la ventana mientras te enrollas conmigo con la excusa de un beso. Hace frío en esta noche oscura donde también la luna se ha ido a buscar su calor.

Y con este hielo también los ruidos de la calle suben aturdidos por las bufandas de lanas, por las manos escondidas en los bolsillos y por la gente que ya parece no tener cuello. Fuera quedan solos los tardones ¿sabes? Y las tiendas que venden regalos y las luces navideñas que se encienden.

Pero, mientras me cuentas de tu pueblo, de tu abuela, de tu primer día de escuela, de aquel tío al cual sonreíste y que te compró un helado y luego desaparació (era solo primavera, ¿verdad?), mientras tus brazos se cierran en mi pecho y te dejas llevar por mis manos... queda solo verano.

Y debajo el nórdico echamos tontos vistazos a la playa acalorada como una lagartija. Mira compañero esa señora ¿no es igual a tu abuela? Pues sí. Y allí, allí en la isla en medio del golfo, mira ¿aquella no es tu escuela? Mira como parece coloreada ahora que es verano. En este verano bajo el nórdico. En nuestro primer verano bajo el nórdico.
Y te hago el amor, con todo mi cuerpo. Y te devuelvo, en este extraño verano bajo el nórdico, cada sonrisa que el mundo no te ha devuelto .

Buenas fiestas.

Antonino Pingue © 2010 Todos los derechos reservados

15 dic 2010

Tertulia al Caffè Comercial*


*La “tertulia” è una riunione informale e periodica dove si dibatte di un tema specifico legato all’arte o alla filosofia o alla scienza o alla letteratura e dove ci si scambiano opinioni e informazioni. Si svolge sempre in una caffetteria. E’ una tipica tradizione spagnola e delle ex colonie spagnole.

Eravamo seduti a un tavolo del Caffè Comercial che a me, non so perche, mi ricorda sempre Bertolucci. Cominciò Mario immergendo un churro in una tazza di cioccolata calda.”L’esistenza” disse “non è solo assurda, è un duro lavoro, puramente e semplicemente. Pensate quante volte vi infilate la biancheria intima in tutta la vita. E’ spaventoso, è disgustoso, è stupido.” E si ficcò il churro in bocca con mucho gusto.
Per un attimo rimanemmo tutti in silenzio pensando alle mutande di Mario. Poi Aristide, che era seduto su un divanetto di cuoio, guardò Mario di mal umore e rispose: “Come espiazione mi pare già sufficiente il fatto di dover essere vivo, sabes? Non sono stati dieci, o cento o mille uomini a salvarci ma uno solo; e se è bastata una vita, una soltanto, a riconciliare in Dio quella di miliardi di creature, questo può solo significare l’enormità del dolore di vivere.”
Mario aveva la barba lunga e brizzolata: “Non sono d’accordo con te. Ieri ho bevuto tanto di quel nebbiolo che mia sorella, la più giovane, ha dovuto sparecchiare la tavola con il rastrello.”
Sandro era un tipo sul magrolino, sempre la sigaretta accesa e una birra nell’altra mano. Quando parlava il suo naso sembrava puntuto (come quello di Dante), quando rimaneva zitto prendeva la forma di una patata (come il mio). Disse: “Non so voi ma io personalmente penso che da duemila anni Gesù si vendica su di noi di non essere morto su un divano.”
Cristina era l’unica donna del gruppo. Una tipetta molto composta che soleva star seduta sempre con le gambe accavallatissime. Alcuni dicevano che questa postura era dovuta alla sua timidezza, altri che la ragione risiedeva nel fatto che messa così, le si vedevano molto meglio le tette. Aveva un bicchiere di rum in mano. “Ormai sono sicura” disse “Dio esiste. Ora si tratta solo di trovarlo e riempirlo di botte.”
“Un semplice dato, mia cara” replicò Mario: “Dio non s'è nascosto. Dio s'è suicidato.”
“Nessuno si è suicidato Mario.” Lo interruppe Aristide. “Per questo tutto è mistero. E tutto è violenza. E' stato detto "amatevi l'un l'altro", in verità si sarebbe dovuto dire "mangiatevi l'un l'altro". D'altra parte "amatevi l'un l'altro" vuol dire proprio questo. Si mangia quel che si ama.”
Mario rideva. “Eso es, eso es" ripeteva indicandolo con un churro inzuppato di cioccolata. “Adrian mi raccontò che adorava il grosso culo della sua ragazza. Mi diceva: Pensa a tutto il cibo che ha dovuto ingurgitare per farsi un culo così grosso. Slurp! Voleva affondarci i denti. Il cannibale.”
“Posso confermare: sul suo culo si poteva leggere la storia del medioevo” confermò Sandro.
Ora Aristide era veramente arrabbiato. “Continuante a pensare che a guidare la nostra condotta siano le passioni” protestò “gli istinti, le idee, mentre la forma, secondo voi, non è che un accessorio esterno, un puro e semplice ornamento....”
“Non aver paura” lo calmò Cristina, “il sangue è già disceso da molto tempo nella terra. E là dov'è stato versato, crescono adesso grappoli d'uva.”
“Nella Realtà, invece”, continuò Aristide “le cose stanno così: l’essere umano non si esprime mai in modo diretto e consono alla sua natura, ma sempre tramite una certa forma; la nostra forma, il nostro stile, il nostro modo di essere non sono mai del tutto nostri, ma ci vengono imposti dall’esterno; ed ecco perché un medesimo uomo può manifestarsi in modo stupido o intelligente, sanguinario o angelico, maturo o immaturo a seconda dello stile che gli capita e del condizionamento esercitato su di lui dagli altri.”
Mario non si lasciò impressionare. “Scommetto che questa te la sei andata a leggere dopo che qualcuno ti ha dato del coglione.”
“Ma vaffaculo Mario!” scattò Aristide, alzandosi per andarsene.
“Una cosa sola, Ary” lo fermò Mario afferrandolo per un braccio. “E ti assicuro che se lo sapessero tutti non ci sarebbero più problemi di tasse, non ci sarebbero più guerre, e tu ed io potremmo vivere nel paradiso terrestre oggi stesso.”
“Cosa?” chiese Aristide in piedi mentre si infilava il cappotto.
“Solo questo......”
“Si?”
“Che quando ce l'hai a pancia in su, gambe all'aria e sta venendo come un treno mentre ti grida: non fermartiiiii…..”
“Si?”
“Voglio che ti ricordi.....”
“Si?...”
“Quel potere”. E fece una pausa “Quel potere significa responsabilità”. E fece una pausa. “Ricordatelo”
“Senz'altro.”
“Bene”. E se ne andò.
Rimanemmo tutti in silenzio per un attimo.
“Sapete amici” disse Cristina per ravvivare la conversazione: “Ho fatto un piccolo tentativo con la marijuana. Non è pericolosa nemmeno la metà del cognac. Ed è più economica. Disgraziatamente, io preferisco il cognac.”
“Ti ricordo che in mano hai un bicchiere di rum” le fece notare Sandro.
“Ah” borbottò Cristina fissando mortificata il suo rum.
“L’incomprensibile occupa troppo spazio perché all’improbabile ne resti un pochino” concluse Mario.
Io avevo seguito ben poco della tertulia perche stavo ancora pensando alle mutande di Mario.
“ E tu, Antonino? Che pensi?” mi animò Cristina.
“Non lo so… veramente. Non lo so. Pero una volta ho letto che in un paese della Scozia vengono veduti libri con una pagina bianca sperduta in un punto qualsiasi del volume. Se un lettore s’imbatte in quella pagina allo scoccare delle tre del pomeriggio, muore.”

Il dialogo appena letto è stato interamente scritto citando frasi, battute e sputi dei seguenti autori:
CHARLES BUKOWSKI, Pulp; DAVID MAMET, Perversioni sessuali a Chicago; EUGENE IONESCO, Che inenarrabile casino!; Tiziano Sclavi, Non è successo niente; MICHAIL BULGAKOV, Il Maestro e Margherita; Witold gombrowicz, Ferdydurke; GIORGIO CAPRONI, Il muro della terra; ERICA JONG, Paura di volare; E.M. Cioran Sillogismi dell’Amarezza; HENRY MILLER, Tropico del Cancro; Julio Cortàzar, Storie di Cronopios e di Famas; Pier Vittorio Tondelli, Camere Separate; Victor Hugò, I lavoratori del mare; Truman Capote, Colazione da Tiffany

14 dic 2010

9 de febrero: Día Nacional de los Estados Vegetativos (Italia)



Después de que haya hecho un año de la muerte de Eluana Engrao, la pobre chica que se estuvo en estado vegetativo desde el 18 de enero de 1992, el Estado Italiano (que se opuso al padre, el cual pedía dejar morir en paz a su hija), ha decidido, bajo consejo de la Iglesia, estrenar el 9 de febrero como el Día Nacional de los Estados Vegetativos. “ Un día” así dice el comunicado del Ministerio de Salud, promotor de la iniciativa “ donde recordar lo guay que es la gente que está en estado vegetativo y cuanto es malo pensar de acabar con esas vidas.” (¡no es broma!)

Un día, añado yo, en el cual todos tenemos que pensar que el vegetal es bello, y tiene su gracia. Un día, a lo mejor, donde pensar también, que todos los padres, y las familias (o sea los parientes del vegetal) que quieren dar paz a sus vegetales, son anti vegetales, y ser anti vegetal, es malo, es feo, es... ufff qué asco!

Esperaremos, con el corazón encogido, el dibujito que en esas ocasiones Google siempre suele poner.